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Un viaggio sonoro che sembra sfuggire alle leggi della fisica. È così che potremmo descrivere la musica di Cole Pulice, il sassofonista e sintetista di Oakland, il cui ultimo lavoro, “Land’s End”, rappresenta un passo significativo nella sua evoluzione artistica. Da quando ha esordito con il suo album di successo “If I Don’t See You in the Future, I’ll See You in the Pasture”, Pulice ha continuato a spingere i confini della musica, mescolando improvvisazione e tecnologia in un modo che lascia senza fiato. Ma cosa rende questo nuovo album così speciale? Scopriamolo insieme.
Un approccio innovativo alla musica
In “Land’s End”, Pulice utilizza un setup che somiglia a un esoscheletro, dove il suo sassofono e un controller MIDI vengono manipolati con maestria, mentre i suoi piedi danzano tra una serie di effetti. Questa fusione di suoni crea un’atmosfera di sospensione animata, un’esperienza che sembra esistere in un tempo e spazio propri. La traccia di apertura, “Fragments of a Slipstream Dream”, si allontana dalle convenzioni per abbracciare un suono che è al contempo familiare e alieno. In questo brano, i quattro toni discendenti del sassofono si trasformano, grazie al digitale, in un paesaggio sonoro vasto e surreale, un viaggio che inizia con una melodia timida e si evolve in qualcosa di molto più profondo.
Il potere dell’elettricità
Una delle novità di questo album è l’introduzione della chitarra elettrica, che si fa spazio nella suite centrale. Pulice, che ha confessato di essere nuovo all’uso della chitarra, riesce a integrare questo strumento con sorprendente padronanza. “In a Hidden Nook Between Worlds” è un brano che dimostra come la chitarra e il sassofono possano danzare insieme, creando un equilibrio perfetto tra jazz e sonorità più moderne. Qui, il sassofono si unisce alla chitarra in una melodia che, pur essendo radicata nell’Americana, si distacca in un’astrazione che ricorda i grandi del jazz. È una dimostrazione chiara che Pulice non ha paura di esplorare nuovi territori, portando la musica a un livello di complessità mai visto prima.
Le chiusure che incantano
Le tracce finali dell’album, “In This & Every Life” e “After the Rain”, offrono un’esperienza quasi mistica. La prima si tinge di influenze etio-jazz, con un sax che si intreccia con chimes e chitarra in un’armonia delicata. Ma è con “After the Rain” che Pulice raggiunge vette inaspettate. Qui, la chitarra si dissolve in un tumulto morbido, mentre il sax, in un crescendo avvolgente, trova la sua voce. È come vedere un arcobaleno apparire tra la nebbia; il suono si espande, si evolve e, senza mai cambiare veramente, cresce in un’esplosione di melodie e armonie. È un chiaro richiamo ai maestri del jazz ambientale, ma con una freschezza che è tutta sua.
Il futuro di Cole Pulice
Con “Land’s End”, Cole Pulice dimostra di essere non solo un sassofonista, ma un vero innovatore nel panorama musicale contemporaneo. La sua capacità di unire elementi di jazz, elettronica e sperimentazione ha dato vita a un album che non solo intrattiene, ma invita anche a riflettere. Personalmente, ritengo che questa sia la forza di Pulice: la sua musica non è solo un viaggio sonoro, ma un’esperienza che sfida le aspettative e invita l’ascoltatore a perdersi nei suoi mondi sonori. E chissà, magari questo è solo l’inizio di un’avventura ancora più affascinante. In un’epoca in cui il conformismo musicale sembra dominare, artisti come Pulice ci ricordano l’importanza di esplorare, di osare e di sognare.