Brandee Younger e Gadabout Season: un album che sfida l’indifferenza musicale

Brandee Younger esplora il jazz in modo audace e innovativo con Gadabout season.

Immaginiamoci un mondo in cui la musica è solo un sottofondo, un mero rumore di cui ci si dimentica. Eppure, Brandee Younger sta cercando di strappare questo velo di indifferenza con il suo ultimo lavoro, Gadabout Season. Un album che non si limita a suonare, ma che si erge a manifesto di avventura personale, mescolando atmosfere new age con un pizzico di jazz spirituale. Ma siamo proprio sicuri che questo mix basti a farci alzare le chiappe dalla sedia?

Un viaggio nel tempo e nello spazio

Quando si parla di arpisti jazz, i nomi che saltano alla mente sono quasi sempre gli stessi: Dorothy Ashby e Alice Coltrane. Ma per Younger, il cammino è irto di spine. Sin dal suo debutto, ha dovuto confrontarsi con il peso di queste leggende. Gadabout Season, però, sembra voler prendere le distanze da queste influenze con una scrittura originale e personale. Eppure, la domanda sorge spontanea: è davvero all’altezza? Le sue composizioni riflettono un’autenticità che raramente si vede nel panorama musicale attuale. Ma attenzione, non lasciatevi ingannare dalla dolcezza della sua musica. C’è una certa ambiguità in ogni nota, come una relazione tossica che non riesci a chiudere.

Rischi e potenzialità

Se parliamo di rischi, Gadabout Season sembra un po’ più cauto rispetto ai lavori precedenti di Younger. Suoni più meditativi, una struttura rigida e una durata dei brani che lascia poco spazio all’improvvisazione. Non è forse questa una forma di auto-censura? La title track, ad esempio, inizia con un groove accattivante, ma si chiude in fretta, come se avesse paura di esplorare il suo potenziale. Certo, l’abilità tecnica di Younger è senza dubbio notevole, ma la vera domanda è: dove sono finiti i momenti di pura estasi musicale?

Un ensemble poco audace

La band di Younger, pur avendo un grande potenziale, sembra tirarsi indietro. Il drumming di Allan Mednard è come un amante che non osa andare oltre il bacio. E sebbene le melodie siano piacevoli, manca quella scintilla che fa brillare il jazz. In brani come “Reflection Eternal”, la delicatezza delle sue note fluttua nell’aria, ma non riesce mai a catturare completamente l’attenzione. È come una storia d’amore che inizia bene ma si perde nel quotidiano. E chi di noi non ha vissuto una situazione del genere?

Momenti di pura energia

Fortunatamente, non tutto è perduto. “Breaking Point” è uno dei brani più pulsanti dell’album, con un’intensità che riesce a spingere Younger oltre i suoi limiti abituali. Qui, il contrabbasso di Rashaan Carter e la batteria di Mednard si uniscono per creare un’atmosfera di tensione palpabile. La musica diventa quasi carnale, un invito a lasciarsi andare, a rompere le catene delle convenzioni. Ma perché questi momenti brillanti sono così rari? Sembra che Younger stia cercando di mantenere un equilibrio tra la sua voce e l’energia della sua band, ma a volte è un equilibrio che non riesce a trovare.

Conclusione: un futuro incerto

Gadabout Season può non essere il capolavoro che molti speravano, ma offre comunque un viaggio affascinante. Younger ha una visione chiara e una volontà di esplorare nuovi territori, ma la sua band sembra frenarla. E così ci troviamo di fronte a un dilemma: ci accontentiamo della mediocrità che ci circonda o ci alziamo per chiedere di più? La musica di Younger è una conferma che il jazz può evolversi, ma ci vorrebbe un pizzico di coraggio in più per scardinare le convenzioni. La sua arte può essere un viaggio, ma resta da vedere se riuscirà a portare i suoi ascoltatori insieme a lei in questa avventura.

Scritto da Redazione

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