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Quando la musica diventa un circo e i clown si trasformano in mostri, ci si chiede se sia davvero il momento giusto per abbandonarsi ai sogni. I Black Moth Super Rainbow, con il loro ultimo lavoro “Soft New Magic Dream”, ci portano in un viaggio che sa di déjà vu, dove tutto appare troppo familiare, ma non per questo meno inquietante. La band di Pittsburgh, già nota per i suoi paesaggi sonori sintetici e onirici, sembra ora camminare su un filo sottile tra il geniale e il ridicolo, con un album che fa riflettere se la magia sia ancora viva o sia solo un pallido riflesso di ciò che era.
Un album che sembra già sentito
Il primo singolo “All 2 of Us” è un esempio perfetto di questo mix di meraviglia e inquietudine. I clown grotteschi che masticano hamburger con bocche aperte e la loro salivazione per la carne umana, sono un’immagine che colpisce. Ma, alla fine, è solo una ripetizione di un tema che la band ha esplorato per più di vent’anni. È qui che sorge la domanda: è ancora magia, o è solo memoria muscolare? Il suono è distintivo e riconoscibile, ma si sente che manca di freschezza. La band ha abbracciato la sua formula, ma il risultato è una sensazione di déjà vu piuttosto che di innovazione.
Riflessi di un passato glorioso
Se ci si aspetta una reinvenzione, si rimarrà delusi: “Soft New Magic Dream” suona come un tentativo di rimanere rilevanti nel panorama musicale attuale, ma spesso sembra più una caricatura di se stesso. I momenti più sorprendenti dell’album sono affiancati da quelli che sembrano meramente ripetere una formula collaudata, come un dolce che ha perso il suo sapore. È un album che si aggrappa ai ricordi di un’epoca passata, ma che non riesce a portare nulla di nuovo sul tavolo.
La band e il suo leader, Tobacco
Guidati da Tobacco, un artista semi-anonimo con una passione per i vocoder e le sonorità creepy, i Black Moth Super Rainbow rimangono un’entità intrigante. Ma, come un mostro buono che perde il suo mordente, il nuovo album sembra una pallida ombra del suo predecessore. Tracce come “Tastebud” brillano per la loro capacità di creare tensione, ma altre come “Demon’s Glue” sembrano stagnare in una zona di comfort troppo confortevole. La band è maestra nel creare mondi musicali insulari e specifici, ma ora sempre più somigliano a un Neverland dove nessuno cresce mai e dove nulla cambia davvero.
Conclusioni aperte e domande senza risposta
Il dilemma rimane: è un album che vale la pena ascoltare? Se siete fan della band, probabilmente troverete dei momenti da salvare, ma se cercate qualcosa di veramente nuovo o innovativo, potreste trovarvi a girare le spalle. La magia, una volta vibrante e audace, ora si sente come un eco lontano. Il sogno è aperto, certo, ma chi può dirlo se vale la pena di continuare a sognare? E, alla fine, è davvero un sogno, o è solo una farsa? La risposta, come sempre, è nelle orecchie di chi ascolta.