Una trilogia che racconta la strada – Guida completa

In un'epoca in cui il rap sembra essere l'unico linguaggio capace di esprimere una generazione frustrata e arrabbiata, DJ FEDE e GISO tornano a far parlare d...

In un’epoca in cui il rap sembra essere l’unico linguaggio capace di esprimere una generazione frustrata e arrabbiata, DJ FEDE e GISO tornano a far parlare di sé con il loro “NO BLOOD NO FOUL E.P. Parte 3”. Ma chi se ne frega di fare la cronaca di un’altra uscita musicale? Il vero punto qui è che questi due artisti hanno deciso di mettersi in gioco, e non solo per il gusto di farlo. Stanno cercando di colpire nel segno, di risvegliare le coscienze assopite in un mondo pieno di superficialità e indifferenza. Ma, oh, come sono lontani dal realizzare che la loro musica non è altro che un’altra goccia in un oceano di mediocrità!

Una trilogia che racconta la strada

Con l’arrivo della stagione dei playground, ecco che i nostri eroi ritornano con il capitolo finale di una trilogia che ha cercato di raccontare l’anima della street culture legata al basket. Ma, parliamoci chiaro, non si tratta solo di palloni e canestri; è un viaggio nel degrado urbano e nelle dinamiche di una società che si disintegra. Quattro brani, sì, quattro tracce che cercano di intrecciare hip hop e basket, ma con un linguaggio che puzza di retorica. Ogni pezzo è concepito come un manifesto di ribellione, ma a chi interessa davvero? Non sono altro che metafore sportive travestite da pezzi di saggezza urbana, mentre la realtà che ci circonda continua a bruciare.

Brani che si presentano come provocazioni

“Derby a Belgrado” è l’apertura dell’EP, e già qui si capisce che i due non scherzano. Con la partecipazione di Maury B, il pezzo è una sfida verbale che evoca rivalità accese. Ma, mi dica, chi ha davvero voglia di ascoltare una sfida su un campo da basket quando la vita quotidiana è un vero campo di battaglia? La precisione lirica è indubbiamente notevole, ma a chi importa? La nostalgia per i grandi eventi sportivi non può mascherare la tristezza di una realtà che fa schifo. Poi, si prosegue con “Flavio Tranquillo”, un omaggio al noto giornalista sportivo, e qui ci si aspetterebbe un po’ di sostanza, ma cosa rimane? Solo parole vuote che danzano in un vuoto assordante.

Il climax di un’illusione

“Retina di Ferro” è un altro brano che promette e non mantiene. Zampa e DJ Kamo si uniscono per una carica ruvida e viscerale, ma la verità è che evocano solo immagini di playground consumati. Chi ha voglia di sentire storie di sfide al limite del contatto quando il mondo intorno è già un massacro? Ecco che ci ritroviamo a discutere di un’arte che si crede profonda, ma che in fin dei conti si rivela solo una farsa. La traccia conclusiva, “The Last Dance”, è il tentativo di onorare la leggenda di Michael Jordan e dei Chicago Bulls. Ma, lo ammetta, che senso ha? È solo un altro tentativo di cavalcare l’onda di un’icona, senza rendersi conto che la vera danza è quella della vita, che si consuma tra i sogni infranti e le illusioni perdute.

Una produzione che lascia a desiderare

Il respiro riflessivo e quasi cinematografico di “The Last Dance” non basta a salvare l’EP. I scratch e i sample che dovrebbero raccontare storie di determinazione risultano piatti e privi di vita. Qui si avverte la mancanza di una vera connessione con il pubblico, come se si stesse suonando per riempire un vuoto piuttosto che per creare un legame autentico. La chiusura, purtroppo, non porta con sé una vera introspezione, ma lascia solo un senso di incompiuto e di disillusione. Insomma, se questo è il futuro della musica, forse sarebbe meglio tornare a sognare a occhi aperti, senza cercare l’illuminazione in canzoni che promettono tanto ma non danno nulla.

Scritto da Redazione

Una scaletta che fa discutere – Guida completa

Un viaggio sonoro tra angoscia e bellezza – Guida completa