La Scomparsa di Jack DeJohnette: Un Tributo al Maestro del Jazz e della Batteria

Jack DeJohnette, un'icona del jazz, è scomparso all'età di 83 anni. Esploriamo insieme la sua straordinaria carriera musicale e l'impatto indelebile che ha avuto nel panorama jazzistico mondiale.

Il mondo della musica jazz è in lutto per la scomparsa di Jack DeJohnette, illustre batterista e bandleader, la cui carriera ha segnato profondamente la storia del genere. È deceduto all’età di 83 anni, come confermato dalla ECM Records, etichetta con la quale ha collaborato per gran parte della sua vita artistica. La causa della morte è stata identificata come insufficienza cardiaca congestizia.

Le origini e la formazione musicale

Nato a Chicago nel 1942, Jack DeJohnette è cresciuto in un contesto sociale complesso, caratterizzato da segregazione razziale. La sua educazione musicale è stata influenzata dalla presenza della nonna e della madre, quest’ultima poetessa. Fin dall’infanzia, ha manifestato un interesse profondo per la musica, iniziando a studiare pianoforte all’età di cinque anni. La sua casa si è distinta come un rifugio per il jazz, grazie ai dischi di artisti come Duke Ellington e Billie Holiday, spesso suonati dallo zio Roy Wood, primo annunciatore di colore in una radio di Chicago.

Il primo incontro con la batteria

Un cambiamento significativo nella vita di DeJohnette avvenne quando un amico batterista lasciò il suo kit a casa sua. Iniziò così a suonare insieme ai dischi di Max Roach, Clifford Brown e Charlie Parker, scoprendo un innato talento per la batteria. Dopo essere stato espulso dalla scuola superiore per assenteismo, si dedicò alla musica a tempo pieno, suonando in un quintetto locale che interpretava brani di Thelonious Monk e Art Blakey.

Un viaggio verso New York e la scena jazz

Negli anni ’60, DeJohnette si trasferì a New York, portando con sé solo una batteria e 28 dollari. Qui, entrò a far parte di band innovative come il Charles Lloyd Quartet, con cui girò l’Europa e ottenne successi commerciali. La sua abilità poliritmica e il suo stile di suonare definito multidirezionale lo resero molto richiesto.

Collaborazioni memorabili

Durante la sua carriera, DeJohnette collaborò con importanti musicisti come Bill Evans, Stan Getz e Jackie McLean. Tuttavia, la sua partecipazione al celebre album Bitches Brew di Miles Davis segnò una tappa fondamentale. DeJohnette contribuì a plasmare il suono della fusion, unendo jazz e rock in un modo completamente nuovo.

La sua eredità musicale

Dopo aver lasciato la band di Davis nel 1971, DeJohnette si dedicò a progetti che gli assicuravano maggiore libertà creativa, collaborando nuovamente con Keith Jarrett. Insieme, pubblicarono l’album Ruta and Daitya, un’opera che preannunciava il loro successo futuro. Nel corso degli anni, DeJohnette pubblicò numerosi album come bandleader, continuando a esibirsi e registrare fino agli anni.

Un musicista e un pensatore

La musica per Jack DeJohnette non rappresentava solo un momento di intrattenimento; essa costituiva un mezzo attraverso il quale esplorare concetti più ampi. I suoi lavori più recenti, Music in the Key of Om e Peace Time, ne sono un chiaro esempio. DeJohnette credeva fermamente che la musica potesse connettersi a una dimensione cosmica, consentendo agli ascoltatori di entrare in contatto con potenzialità straordinarie. Era convinto della sua immortalità, affermando: “La morte è solo un meccanismo attraverso il quale l’anima lascia il corpo fisico,” e riflettendo così sulla connessione tra vita, morte e creatività.

Jack DeJohnette non è stato solo un batterista; ha rappresentato un innovatore e un pioniere. La sua musica continuerà a ispirare generazioni future di artisti. La sua scomparsa segna la fine di un’era, ma il suo lascito rimarrà vivo attraverso le sue opere e le innumerevoli collaborazioni che hanno arricchito il mondo del jazz.

Scritto da Redazione

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